Lasciate fare a noi

Un sogno per : “Si può cambiare il modo di fare politica?”
Sì, se lasciate fare a noi.

Il circolo “” – ambiziosa (sotto)veste con cui il “nuovo-vecchissimocentro- torinese tenta di coprire le magagne del tempo e di una politica tanto inespressiva quanto improduttiva – si è riunito giovedì 16 aprile per il Convegno “Democrazia Diretta”. Obiettivo dell'incontro? Dare una risposta alla domanda: “Si può cambiare il modo di far politica?

Stimolati da una così bella domanda abbiamo voluto partecipare all'evento, in cuor nostro ottimisti (come sempre).

La sala era quasi piena, chi è arrivato tardi ha fatto fatica a trovare posto; nulla da dire sull'organizzazione e sulla capacità di mobilitare la “cittadinanza”. L'impressione è che si conoscessero tutti, come se si trattasse di una bella rimpatriata tra liceali a quarant'anni dal diploma. Ahinoi, l'entusiasmo iniziale ha fin da subito lasciato spazio alla perplessità. Forse ci aspettavamo qualcosa di nuovo e siamo rimasti delusi.

Chi c'era in mezzo a quella tiepida folla? I politici, quelli non sono mancati, erano i soliti – Pichetto, Ruffino, , , , e tutti gli altri (a dire il vero mancava Cirio, ma se non lo avessero detto non ce ne saremmo accorti) – vecchi politicanti vestiti da giovani e giovani equilibristi della politica che sanno già di vecchio, nulla di esaltante. Poi c'erano figuranti ben addestrati, un'intera società sportiva, giovani e meno giovani studenti universitari, professionisti, imprenditori.

Mancavano solamente i bambini figuranti. A no, c'erano anche quelli, chiamati sul palco a presenziare, senza proferir parola, in un silenzio inquietante che male si addice a bambini che invece di essere obbligati a fare le belle statuine a un convegno politico avrebbero preferito – lo si leggeva negli occhi dei piccoli Edoardo, Emanuela, Anastasia e Bianca – starsene al parco, girare in bicicletta, o a tirar pallonate sognando di diventare giocatori di serie A (e magari del Grande Torino!). E invece no, erano li, insieme a genitori e a parenti di secondo e terzo grado che riempivano le terze file a ridosso del palco (giacché le prime sono riservate ai politici di professione). Un po' di tristezza.

Una ventina di minuti sono andati con la presentazione del libro di Leonello “Democrazia diretta vista da vicino”; libro da comprare, forse non per capire come dovrebbe essere Torino ma almeno per comprendere come funziona in Svizzera (per poi mangiarsi le unghie).

A seguire le testimonianze di alcuni cittadini torinesi – come noi – rappresentanti delle categorie più tartassate, micro-imprese, commercianti, studenti, piccole partire iva, lavoratori precari a vita; cioè quei soggetti – ai quali tutto è chiesto e nulla viene dato – che sono quotidianamente violentati da una burocrazia arrogante, maltrattati ed da un “” sempre più vorace e incapace. Ecco, questo è stato l'unico momento emozionante, perché noi facciamo parte di questa categoria di torinesi, che lavora, lavora e lavora e deve lottare con tutte le sue forze per sopravvivere. Ma ai problemi rappresentati, urlati con le lacrime agli occhi verso la platea, nessuna risposta concreta è stata data – al parte il solito impegno (elettorale) di voler migliorare questo sistema. Eh no!

No invece! Noi NON lo vogliamo migliorare questo sistema che non funziona – questa è la frase che ci ha convinti dell'inconsistenza di questo progetto: NOI questo sistema lo vogliamo stravolgere, abbattere, sostituire con uno NUOVO, a misura di cittadino, questo sì frutto della democrazia diretta di cui si è tanto parlato ma che è apparso così poco concreto. Noi non lo vogliamo cambiare perché quando le fondamenta di una sono marce, l'unica alternativa è abbattere la casa e costruirne una nuova, forte, giovane e che garantisca un futuro, quello vero! Per noi e per i nostri figli.

E cosa possiamo rispondere alla domanda posta dal nuovo-vecchissimo centro-destra torinese: “Si può cambiare il modo di fare politica?”. Si, cominciando a cambiare voi con un'alternativa politica credibile, giovane, non compromessa e fatta di gente che ogni giorno lotta per lavorare e per vivere.

Un gruppo di torinesi, cittadini per senso del dovere… e per passione

SiAmo Torino

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Autore dell'articolo: Claudio Bertolotti

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